Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE
E NOTIZIE - Anno XVIII – 02 ottobre 2021.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del
testo: BREVI INFORMAZIONI]
Definito
l’intervallo temporale migliore per la riabilitazione motoria dopo l’ictus. Uno studio sul periodo critico dopo l’ictus in
fase clinica II ha stimato il segmento di tempo utile per ottenere i migliori
risultati con la riabilitazione motoria dopo l’evento patologico. Alexander W. Dromerick e colleghi hanno trovato nell’uomo una finestra
temporale simile a quella individuata dalla ricerca di base: dal giorno 60° al
giorno 90° del periodo post-ictale. Inoltre, i
ricercatori hanno rilevato l’inefficacia della riabilitazione motoria avviata prima
del trentesimo giorno e dopo sei mesi dall’evento acuto. [Cfr. Dromerick
A. W., et al., Proceedings of the National Academy of Sciences USA 118 (39): e2026676118,
2021].
Nelle
donne la frequenza molto più alta di demenza è associata a grasso perivascolare. I risultati di uno studio che, indagando il peggioramento del profilo
cardiovascolare dopo la menopausa ha rilevato che una maggiore radiodensità del tessuto adiposo perivascolare era
associata a peggioramento delle prestazioni di working memory
nelle età successive, è stato presentato durante il North American Menopause
Society Annual Meeting (Washington, 22-25
settembre 2021).
Le funzioni
cognitive sono interessate da vie neuropatologiche innescate dal
cambiamento nella secrezione di adipochine e citochine
infiammatorie; la radiodensità definisce la qualità
del grasso perivascolare: quello neuropatogeno ha
densità più alta. [BM&L-Italia news, ottobre 2021].
Speranze
per il Parkinson da due nuovi farmaci a somministrazione endonasale. Due farmaci intranasali (i peptidi wtTIDM e wtNBD)
rallentano l’infiammazione e arrestano la diffusione di alfa-sinucleina in
modelli murini della malattia di Parkinson. I farmaci sperimentati da Charles
Jolie e colleghi del Rush University Medical Centre miglioravano
anche il passo e l’equilibrio degli animali. Se questi risultati
saranno replicati nei trials clinici saremo in presenza di un
considerevole progresso nella terapia della neurodegenerazione parkinsoniana. [Cfr. Debashis
Dutta, et al., Nature Communications – AOP doi: 10.1038/s41467-021-25767-1, 2021].
BM&L-Italia
si unisce al movimento Neuromatch per amore
delle neuroscienze. Konrad Paul Kording giovedì 23 settembre ha scritto sul sito della
rivista Neuron: “Io applaudo la comunità Neuromatch che gestisce scuole estive virtuali e conferenze
in risposta alla pandemia. I suoi membri amano la scienza, e hanno lo scopo di
migliorare la nostra comprensione del cervello e lavorano in modo estremamente
duro per includere tutti”. [Cfr. Kording K. P., et
al., Neuron – AOP doi: 10.1016/j.neuron.2021.07.021, 2021].
La
ricerca di un principio di costanza dendritica.
Un interessante studio di Hermann Cuntz invita a seguire questo importante campo della
neurobiologia sui seguenti punti: 1) una semplice equazione approssima il
voltaggio della risposta a inputs sinaptici distribuiti; 2) le risposte
sono in gran parte indipendenti dalla lunghezza dendritica in condizioni
controllate; 3) la frequenza di scarica in vari modelli è in gran parte
indipendente dalla morfologia; 4) equazioni della “regola del pollice” per i
rapporti input/output in modelli realistici dei dendriti. [Cfr. Cuntz H., et al., Neuron – AOP doi:
10.1016/j.neuron.2021.08.028, 2021].
Disturbi
psichiatrici molto diversi caratterizzati da “esternalizzazione del controllo”
hanno tratti genetici comuni. Si tende oggi ad accomunare disturbi quali il deficit dell’attenzione
con iperattività (ADHD), tradizionalmente studiato quale causa di
difficoltà di apprendimento nell’infanzia, il disturbo con comportamento
antisociale, le tossicodipendenze e i disturbi più lievi
associati all’uso di sostanze psicotrope, in base al criterio di un difetto di
regolazione interna del sistema nervoso centrale che indurrebbe una “esternalizzazione”
del controllo attraverso il comportamento. Uno studio genetico esteso all’intero
genoma (GWAS) di Richard Karlsson Linnér e colleghi, mediante
un’analisi multivariata condotta su 1.500.000 persone, ha identificato 500 loci
genici maggiormente espressi nel cervello e in rapporto con lo sviluppo del
sistema nervoso centrale. Uno dei motivi di interesse per questo studio è il
campione di un milione e mezzo di soggetti. Una tabella di punteggio poligenica
costruita sui risultati ottenuti ha dimostrato l’associazione con il disturbo
da uso di oppioidi, con la tendenza al suicidio, con le condanne
per crimini, con le infezioni da HIV e perfino con la disoccupazione.
L’associazione
depone a favore della tesi secondo cui questi stili comportamentali siano
favoriti o condizionati da un tratto genetico neuroevolutivo, anche se
il nesso di causalità a noi appare debole e discutibile. [Cfr. Karlsson
Linnér R., et al., Nature Neuroscience – AOP doi:
10.1038/s41593-021-00908-3, 2021].
Esercizio
pratico della medicina sulla base delle più recenti acquisizioni di fisiologia. Si è sviluppata in seno alla nostra società
scientifica una riflessione e una discussione particolarmente focalizzata sulla
valutazione dello stato funzionale attuale del paziente per programmare la
terapia.
Quando si
prescrive un trattamento, anche il più semplice basato su dieta ed esercizio
fisico, bisogna sempre porsi il problema di uno stato dell’organismo che
si vuole in questo modo modificare; ogni stato funzionale è espressione
di un equilibrio, fisiologico o patologico che sia, e dunque è espressione di
un bilanciamento di processi, pertanto è opportuno chiedersi se il trattamento
determini condizioni per le quali è fisiologicamente facile o
addirittura spontaneo per l’organismo di quella particolare persona
trovare l’equilibrio nuovo richiesto dal trattamento.
Nella pratica
clinica le circostanze in cui il medico si trova a dover valutare l’equilibrio
del proprio paziente sono talmente tante da scoraggiare chiunque nel tentativo
di elencarle tutte, ma per dare un’idea al lettore che non sia medico si possono
citare i casi comuni del trattamento dell’obesità grave, dell’ormonoterapia in
menopausa, del regime terapeutico nei disturbi cronici da stress, delle
terapie sostitutive dopo l’asportazione chirurgica di organi malati o il
cambiamento radicale del regime alimentare in sostituzione di un’alimentazione
del tutto erronea che ha già causato condizioni patologiche che minacciano la
vita del paziente. Ogni medico sa che non basta una stima presuntiva basata
sull’età e sull’anamnesi patologica remota, ma è necessario cercare elementi significativi
in base ai quali sviluppare ragionamenti deduttivi per rendersi conto del modo
attuale di funzionamento e presumere il grado di dinamismo ed efficienza
nel nuovo adattamento.
Quando si era
solo agli inizi della comprensione dell’importanza di questa “consapevolezza
della conoscenza fisiologica attuale” nella pratica medica si faceva l’esempio
della regolazione dell’espressione genica dei recettori dell’insulina nel
tessuto adiposo di pazienti obesi diabetici, ma uno degli ambiti in cui è tanto
importante la stima dello stato fisiologico di partenza quanto trascurata è
quello della farmacoterapia dei disturbi psichiatrici cronici. Da studenti si
apprende in farmacologia che lo stato funzionale del cervello può
condizionare in modo impressionante l’effetto delle sostanze psicotrope: con
300-500 mg di diacetilmorfina (eroina) tutti noi moriamo, ma sappiamo che i
tossicodipendenti possono talvolta giungere a 1 g di eroina senza morire, pur
con danni diffusi e permanenti al cervello e ad altri organi. Nella fase di
eccitazione grave delle psicosi bipolari o nella cosiddetta “crisi di mania
monopolare”, dosi di psicofarmaci neurodeprimenti di
fase acuta che a stento riescono a sedare quei pazienti potrebbero risultare
letali per noi, cioè per chi è in un regime fisiologico cerebrale e sistemico
ordinario.
Questi due casi
sono da soli sufficienti a far comprendere l’entità delle differenze possibili di
attività ed efficienza nel metabolismo e nella detossicazione dell’organismo,
ma nel corso degli studi medici si incontrano innumerevoli esempi nella
fisiopatologia di peculiarità legate al particolare regime funzionale. Non
manca dunque la conoscenza, in termini di nozioni e di cultura medica, di questo
aspetto degli equilibri funzionali del nostro organismo. Manca forse, o è carente,
il fattivo impiego nella pratica medica dell’applicazione nel singolo paziente
di un criterio di accertamento accurato, per quanto possibile, dello stato
funzionale attuale, prima dell’introduzione di un regime terapeutico. [BM&L-Italia
news, ottobre 2021].
Notule
BM&L-02 ottobre 2021
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